Un viaggio ricco di sorprese all’interno di una civiltà alimentare che cambia, tra scoperte gastronomiche e nuovi modi di stare a tavola, dal Medioevo al Settecento.
Novità e notizie reperite su internet su tematiche correlate alla sicurezza alimentare, alla nutrizione, agli alimenti e alla salute oltre ad approfondimenti su argomenti di attualità.
Da lunedì 14 marzo p.v., sia sul sito istituzionale www.inran.it, sia su sapermangiare.mobi, sito dedicato al consumatore, sarà possibile leggere la speciale newsletter con la quale l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, vigilato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, celebra il 150 anniversario dell’unità italiana, ricordando che negli ultimi 75 anni del Paese l’INRAN ha fortemente contribuito alla conoscenza ed alle scelte degli italiani in materia di alimentazione e nutrizione. Il 2011 segna, infatti, i 75 anni di vita dell’Istituto che, in materia di statura, peso, fabbisogni, consumi e abitudini alimentari ha accompagnato gli italiani nel difficile cammino dell’alimentazione, guidandone le scelte e formandone le abitudini verso modelli mirati alla qualità, alla salvaguardia dei valori del territorio ed alla valorizzazione dell’agroalimentare nazionale. La newsletter ripropone documentazione originale che permette di vedere quanto e come siano cambiati in 150 anni di unità d’Italia la statura media, l’indice di massa corporea ed i fabbisogni degli italiani. L’attenta analisi dei dati disponibili sui consumi evidenzia l’evoluzione del contenuto dei nostri piatti, dalla scarsità endemica - protrattasi fino al secondo dopoguerra - all’abbondanza - conosciuta a partire dagli anni del boom economico - fino alla più recente ricerca della qualità - che sta caratterizzando scelte e abitudini di questi ultimi anni -. Infine, last but not least, l’approfondimento riferito alla dieta mediterranea alla cui definizione e caratterizzazione l’INRAN ha dato un contributo fondamentale, che l’ha portata a divenire il primo modello alimentare ad essere riconosciuto dall’UNESCO quale patrimonio culturale, immateriale dell’umanità per il suo valore storico-culturale ed i suoi effetti benefici scientificamente dimostrati.
Scandagliare al microscopio il mondo dei sapori, nel tentativo di capire cosa scatta nel cervello quando ci sediamo a tavola e ci fiondiamo sul pane piuttosto che su un pezzo di formaggio.
A dieci anni dall'emergenza della "mucca pazza", le tavole degli italiani hanno visto un aumento del 650% del consumo di prodotti tipici italiani per un valore pari a 7,5 miliardi di euro; c'è stato un aumento del 200% del consumo di prodotti biologici, per un valore di 3 miliardi di euro; è aumentata del 63% la quantità di carne chianina consumata; sono diminuiti del 60% i residui chimici irregolare in frutta e verdura. Dire che la mucca pazza ha fatto bene all'agricoltura italiana è forse esagerato, ma secondo Coldiretti l'emergenza di dieci anni fa ha portato tutta una serie di cambiamenti ritenuti positivi nell'agricoltura e nel consumo alimentare. È quanto emerso dall'incontro "Mucca pazza: dieci anni dopo", promosso dalla Coldiretti e dalla Fondazione Univerde. "La mucca pazza è stata uno spartiacque tra un modello di sviluppo dell'agroalimentare rivolto solo al contenimento dei costi ed uno attento alla qualità, all'ambiente e alla sicurezza alimentare che si è affermato e ha permesso all'Italia di conquistare la leadership in Europa", ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini sottolineando che "a cambiare è stato anche il modello di consumo che si è arricchito dei valori della eticità, della sostenibilità, della qualità e della sicurezza". Ne è emersa un'agricoltura "attenta alla qualità delle produzioni", all'ambiente e alla biodiversità e un cambiamento nell'allevamento italiano che, secondo Coldiretti, ha tutelato il patrimonio di razze bovine presenti in Italia. Non solo: "La decisa svolta nei consumi e nella produzione verso sistemi di produzione più sostenibili è confermato dal fatto - sostiene Coldiretti - che il fatturato dei prodotti biologici in dieci anni è triplicato passando da meno di un miliardo di euro del 2000 agli oltre tre miliardi di euro attuali". (...)
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