Nel 2010 la Commissione diritti umani del Senato ha svolto una indagine conoscitiva sulla condizione di rom e sinti in Italia ascoltando esperti, organizzazioni specifiche e rappresentanti delle Istituzioni.
Forse la scoperta più eclatante emersa dal recente Rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite, che registra il suo 20° anniversario, è la straordinaria performance dei paesi musulmani del Medio Oriente e del Nord Africa. Ed ecco la Tunisia, posizionata al sesto posto tra i 135 paesi, in termini di miglioramento dell'Indice di sviluppo umano (Isu) negli ultimi quattro decenni, davanti a Malesia, Hong Kong, Messico e India. Segue, non distante, l'Egitto, che si è piazzato al 14° posto. L'indicatore Isu misura lo sviluppo raggiunto sul fronte della sanità e dell'istruzione, insieme alla crescita economia. L'Egitto e (soprattutto) la Tunisia hanno registrato buone performance sul fronte crescita, ma hanno eccelso soprattutto su istruzione e sanità. Con un'età media di 74 anni, l'aspettativa di vita della Tunisia prevale su quella di Ungheria ed Estonia, paesi che sono due volte più ricchi. Il 69% dei bambini egiziani va a scuola, una percentuale che eguaglia quella della più ricca Malesia. Chiaramente, questi stati hanno fornito servizi sociali e distribuito su vasta scala i benefici della crescita economica. Eppure alla fine non è bastato. Parafrasando Howard Beale, i cittadini tunisini ed egiziani erano furibondi con i rispettivi governi e non ne potevano più. Se il tunisino Zine El Abidine Ben Ali o l'egiziano Hosni Mubarak speravano che i miglioramenti economici sarebbero stati ricompensati con la popolarità politica, allora devono esserci rimasti molto male.(...)
Con un discorso in latino trasmesso in tutto il mondo, nel lontano 12 febbraio 1931 un emozionato Pio XI inaugurava la Radio Vaticana, allora diretta dal gesuita Giuseppe Gianfranceschi, fisico e matematico. Tra le prime trasmissioni sperimentali, lo "Scientiarum Nuncius Radiophonicus", sorta di rassegna dell'attività della Pontificia Accademia delle Scienze. Ottanta anni dopo quell'esordio dal tono biblico («Udite e ascoltate, popoli lontani») la Chiesa celebra la provvidenziale iniziativa con una mostra ai Musei Vaticani. Inaugurata il 10 febbraio, in anteprima per la stampa, l'esposizione ripercorre le vicende della stazione radiofonica costruita da Guglielmo Marconi, uno straordinario mezzo che metteva a disposizione del Pontefice il microfono, amplificando la forza della sua parola. Da allora in poi, i «radiomessaggi», come ricorda il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, diventeranno «almeno per diversi decenni, uno dei più importanti generi di espressione del magistero papale e soprattutto dei suoi moniti in rapporto alla situazione del mondo». Un esempio per tutti: i radiomessaggi nel tempo di guerra, quando si mise in piedi l'Ufficio informazioni che lanciava appelli per rintracciare civili e militari dispersi, trasmettendo messaggi delle famiglie ai prigionieri. Ma gli anni della nascita della Radio Vaticana sono anche anni dell’affermazione dei totalitarismi che negano la libertà religiosa, di fronte ai quali «la radio si presenta come lo strumento più adatto, spesso l’unico, per diffondere un messaggio di fede e di libertà capace di superare le frontiere». All’epoca del comunismo nell'est dell'Europa, conclude Lajolo, il Papa chiede così alla sua Radio di «diventare la voce della Chiesa a sostegno dei popoli e dei fedeli oppressi», mentre «si moltiplicano i programmi regolari nelle lingue dei Paesi che hanno perduto la libertà». (..)
La situazione ivoriana è ancora incerta: il paese è diviso tra i due presidenti, Laurent Gbagbo e Alassane Ouattara. Lo scrittore ivoriano Venance Konan, sostenitore di Ouattara, si è trovato i soldati di Gbagbo alle calcagna subito dopo lo scoppio della crisi ed è dovuto fuggire dal paese. Ecco il suo racconto.
Sono occorsi due anni di lavoro e la collaborazione di molte persone per realizzare questo dizionario (il primo così sistematico) sul tema dello "sviluppo"e della "globalizzazione". Un progetto ambizioso che ovviamente non ha la pretesa della esaustività o della completezza (sarebbe impossibile per un tema tanto vasto e impervio), ma che si propone come uno strumento sia in funzione di una semplice consultazione, sia per approfondimenti di aree o di concetti che non sempre e non immediatamente vengono inscritti in questi ambiti disciplinari. (...)
According to the report published by the Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR), some 9 million Afghans – 36 per cent of the population – are believed to live in absolute poverty and a further 37 per cent live only slightly above the poverty line, despite an estimated injection of some $35 billion during the period 2002-2009.